Korn (Gemelli): “I bambini sono i più vulnerabili ai danni dell’inquinamento”.

“I bambini più piccoli respirano molto più rapidamente di un adulto. Un bambino di 6 mesi, infatti, inspira circa 24 volte al minuto contro i 12 di una persona adulta, questo vuol dire che, nonostante le piccole dimensioni, sono in grado di inalare una gran quantità di polveri sottili ed altre sostanze tossiche immesse nell’aria. I bambini sono più bassi o trasportati sui passeggini, respirano quindi molto più vicini al suolo ed ai gas di scarico delle nostre auto”
Sono circa 6,5 milioni i bambini che, in Italia, respirano aria malsana esponendosi, loro malgrado, a potenziali gravi rischi per la salute. Sono quelli che risiedono nei 29 agglomerati urbani in cui si sforano i limiti sanciti dalla Corte Ue.
A dirlo, sono i legali di Consulcesi, il pool di avvocati che ha intrapreso la prima azione legale collettiva per ristabilire il diritto a respirare aria pulita. L’azione legale, consultabile sul sito Aria pulita, vale per i 3.384 i comuni italiani che non hanno rispettato i limiti imposti dalla Direttiva Comunitaria n. 2008/50/CE.

Partendo dal preoccupante aumento tra i giovanissimi delle patologie respiratorie e leucemie, l’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenzia come i bambini siano maggiormente esposti ai rischi dell’inquinamento dell’aria.
Il Dr. David Korn, Pediatra, Dirigente Medico del Pronto Soccorso Pediatrico e Responsabile dei progetti di Digital Health del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, intervenuto al convegno “Liberi di Respirare” organizzato da Consulcesi, ha spiegato perché i bambini, pur non avendo contribuito all’inquinamento atmosferico, ne subiscono i danni più gravi. Prima di tutto, ha ricordato il Dr. Korn, i bambini più piccoli respirano molto più rapidamente di un adulto. Un bambino di 6 mesi, infatti, inspira circa 24 volte al minuto contro i 12 di una persona adulta, questo vuol dire che, nonostante le piccole dimensioni, sono in grado di inalare una gran quantità di polveri sottili ed altre sostanze tossiche immesse nell’aria. I bambini sono più bassi o trasportati sui passeggini, respirano quindi molto più vicini al suolo ed ai gas di scarico delle nostre auto. Infine, sono organismi in rapidissima crescita, basti pensare che un neonato nei primi sei mesi di vita raddoppia il proprio peso, passando da circa 3 a 6 chili. Questo processo di eccezionale duplicazione cellulare è estremamente vulnerabile agli agenti inquinanti presenti nell’aria proprio perché sono in grado
di danneggiarlo in modo irreparabile».
«Siamo qui non per parlare di problemi ma per trovare delle soluzioni, continua il pediatra, la telemedicina avanzata è una di queste perché riduce l’inquinamento, è semplice e permette già ai nostri pediatri di eseguire una visita medica completa, a distanza ed in tempo reale, inclusa l’auscultazione del cuore e dei polmoni, come se il bambino fosse in ospedale mentre si trova invece seduto sul divano di casa propria», conclude – con ottimismo – il Dr. Korn.
Consulcesi lancia causa ‘Aria Pulita’. Dopo aver lottato per anni per i diritti degli operatori sanitari, vincendo migliaia di cause legali in tribunale e ottenendo dallo Stato risarcimenti per oltre 600 milioni di euro, il team Consulcesi scende ora in campo a difesa e tutela della salute dei cittadini, in particolare dei bambini.

Consulcesi ha lanciato la nuova iniziativa legale “Aria Pulita”, parte così la più grande azione collettiva rivolta a tutti i cittadini che vogliono combattere per il proprio diritto a respirare aria salubre.
«L’azione legale ha lo scopo di accertare la violazione del diritto a vivere in un ambiente salubre, con conseguente richiesta di risarcimento del danno, in favore dei residenti delle zone in cui è stato accertato il superamento dei limiti europei di particelle inquinanti (PM10 e biossido di azoto) contenute nell’aria del
proprio comune», spiega l’Avvocato Marco Tortorella di Consulcesi. «L’azione legale rappresenta la presa di coscienza dei cittadini come stimolo a trovare una soluzione. Inoltre, è anche l’occasione per spingere le Istituzioni affinché intervengano per porre rimedio a tale intollerabile situazione che, nonostante la
condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, continua a perpetrarsi», aggiunge l’Avvocato Tortorella.
È possibile scoprire se si rientra nella fascia di popolazione eleggibile alla causa collettiva visitando il sito di Aria Pulita: www.consulcesi.it/legal/ambiente.

Caldo, Consulcesi: “Insieme a smog mix micidiale, +20% adesioni ad Aria pulita”

“Siamo molto preoccupati dell’impatto che questo mix di caldo estremo e inquinamento atmosferico può avere sulla salute degli italiani, specialmente la popolazione più fragile. In letteratura scientifica ci sono numerose evidenze che collegano questo micidiale cocktail all’aumento di problemi a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, come asma, polmoniti, broncopneumopatia cronica ostruttiva e anche infarto, ictus e altri tipi di coronaropatie. E sempre più italiani se ne stanno rendendo conto. Non è un caso se nell’ultima settimana abbiamo registrato un aumento di ben il 20% delle adesioni alla nostra azione collettiva ‘Aria pulita’. Così Massimo Tortorella, presidente Consulcesi, sull’iniziativa promossa dalla società di consulenza per far valere il diritto a vivere in un ambiente salubre.
Con l’ondata di caldo estremo in corso – sottolinea Consulcesi – si amplificano anche gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute. E’ infatti risaputo che tra temperature eccezionalmente elevate e inquinamento esiste una relazione complessa: più inquinanti immettiamo in atmosfera maggiori sono i cambiamenti climatici e, di conseguenza, maggiore è la frequenza e l’intensità delle ondate di calore che, a loro volta, aumentano la concentrazione di polveri sottili (Pm2.5). A questo si aggiungono gli adattamenti fisiologici del corpo che per regolare la temperatura aumenta la frequenza respiratoria e l’afflusso di
sangue periferico, incrementando così l’esposizione agli inquinanti ambientali.
L’iniziativa di Consulcesi è aperta ai residenti di oltre 3.300 Comuni italiani in cui la Corte di Giustizia europea ha accertato violazioni per il superamento dei valori soglia. Secondo quanto riporta il team legale, sarebbero oltre 40 milioni gli italiani che possono richiedere un risarcimento complessivo fino a 36mila euro
l’anno. “Più persone riusciamo a coinvolgere – evidenzia Tortorella – maggiori sono anche le probabilità di stimolare le istituzioni a prendere misure urgenti di contrasto all’inquinamento atmosferico a tutela della salute pubblica”. Per aderire alla causa, basta dimostrare la propria residenza in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare alla causa collettiva, cliccare su consulcesi.it/legal/ambiente.

Gestione preospedaliera del paziente traumatizzato. Cosa sono il PTC e la sequenza XABCDE

Quasi la metà delle morti causate da trauma grave è evitabile grazie ad un primo soccorso efficace. Chi è addetto al primo soccorso segue linee guida e protocolli che possono massimizzare l’efficacia di un intervento salvavita. Vediamo quali sono i principi e gli scopi del Prehospital Trauma Care

Considerato che la prima causa di morte al di sotto dei 40 anni è il trauma grave (che spesso, se non porta al decesso, è comunque causa di invalidità permanente) e che circa il 40% dei decessi totali è potenzialmente o decisamente prevenibile, la mortalità da trauma può essere enormemente ridotta migliorando la qualità del soccorso preospedaliero. E dunque, in questo contesto, risulta fondamentale
conoscere e saper applicare linee guida e protocolli che possono massimizzare l’efficacia di interventi salvavita. Parliamo dunque dell’importanza della gestione preospedaliera del paziente traumatizzato, o PTC (Prehospital Trauma Care). Vediamo di cosa si tratta.
Prehospital Trauma Care: cos’è e a cosa serve
Il trauma è una ferita o una lesione più o meno estesa prodotta da un’azione violenta esterna all’organismo, e viene valutato sia in termini di gravità che di urgenza. Un trauma può essere grave ma ciò non comporta necessariamente l’urgenza: esistono ad esempio dei traumi molto gravi (come la sospetta
frattura della colonna vertebrale) che non solo possono essere trattate con la dovuta calma ma potrebbero addirittura aggravarsi (in maniera anche irrimediabile) se il soccorso è precipitoso, frettoloso e non adeguatamente coordinato. Ci troviamo invece di fronte ad un trauma urgente quando la vita del soggetto infortunato è in pericolo e le sue funzioni vitali (come respiro, circolazione del sangue, battito cardiaco) sono compromesse e, dunque, è necessario intervenire con tempestività. Scopo del PTC è quello di
applicare i protocolli corretti (nei tempi giusti) e del necessario giudizio per un intervento ottimale che ha il fine di ridurre il più possibile il tasso di mortalità nella prima fase dell’intervento e di limitare i danni secondari causati da manovre e pratiche non corrette.
Chi può esercitare il PTC
“Il PTC è una pratica che può essere esercitata da tutti, anche i soccorritori – spiega il Daniele Manno, Istruttore di Remote e Military Life Support –. Se però parliamo di sanitari, ovvero medici e infermieri, questi potrebbero applicare protocolli anche più invasivi e decisamente più validi”. Manno spiega che la
situazione più comune in cui si può procedere con il PTC “è quella in ambito stradale”, e dunque “successivamente ad un incidente automobilistico o motociclistico”, ma è possibile utilizzarlo anche in ambito domestico: “Se parliamo di bambini sotto i quattro anni abbiamo grandi casistiche di cadute con
trauma cranico, ma anche emorragie massive ma per questo ci sono protocolli più rapidi”. Manno è responsabile scientifico del corso di formazione “PTC, la gestione preospedaliera del paziente traumatizzato” (disponibile sulla piattaforma Consulcesi Club) insieme al dottor Matteo Giacomazzi, istruttore ACLS e BLSD, che spiega: “Il corso si focalizza su quegli interventi atti a ridurre al minimo il danno secondario da trauma. Le modalità corrette con cui intervenire vengono esplicitate attraverso video interattivi, in cui si spiega, ad esempio, come posizionare il collare cervicale, come utilizzare la barella spinale e l’immobilizzatore ragno. Questi presidi sono tutti estremamente utili ai professionisti che svolgono soccorso extraospedaliero, e dunque a tutti quei profili, sia sanitari che tecnici, che prestano servizio al 118”.
Le fasi del PTC
Genericamente, il Prehospital Trauma Care è diviso in 6 fasi: Arrivo e valutazione della scena
Valutazione primaria
Valutazione secondaria
Immobilizzazione/stabilizzazione ottimale
Trasporto/trasferimento migliore
Destinazione dedicata
In caso di evento traumatico, è fondamentale verificare la sicurezza della scena prima di intervenire. È necessario dunque valutare se l’ambiente è sicuro e, in caso non lo fosse, se può essere messo in sicurezza, se la sola vittima può essere messa in sicurezza e se è necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco o delle
forze dell’ordine per mettere, appunto, la scena in sicurezza. Questa va poi delimitata e bisogna verificare con costanza che non diventi insicura. Fatto ciò, bisogna ricostruire la dinamica dell’incidente, e dunque:
cosa è successo, come è successo, quantità e tipo di energia coinvolta e numero di vittime. Si passa poi alla fase di triage: bisogna scegliere chi soccorrere per primo (nel caso in cui le vittime siano, per numero, superiori ai soccorritori) ed effettuare la sequenza XABCDE (che vedremo nel dettaglio più avanti) nel minor
tempo possibile. È necessario inoltre avvertire sempre la Centrale Operativa della situazione.
Nell’avvicinarsi alla vittima, chi interviene deve valutare il suo stato di coscienza (anche approssimativo). In queste fasi, ovvero durante la sequenza XABCDE, ogni volta che ci si imbatte in una lesione o una situazione che mette a rischio la vita dell’infortunato (come emorragia massiva, arresto cardiaco o ostruzione delle vie
aeree) è necessario fermarsi e trattarla.
La sequenza XABCDE
Passiamo ora alla sequenza XABCDE, ovvero il procedimento con cui valutare le condizioni fisiche di un paziente traumatizzato.
X – eXsanguination: in caso di grave emorragia esterna, questa deve essere gestita prima ancora delle vie aeree. Nonostante l’ostruzione delle vie aeree sia responsabile della morte in un breve periodo di tempo, nei traumi i sanguinamenti lo sono ancora di più. Controllare torace, addome, pelvi, arti per frattura esposta (ad es. il femore). Trattamento: compressione diretta o bendaggio compressivo, zaffatura, tourniquet. È necessario chiamare la Centrale Operativa in caso di emorragia massiva, amputazioni ed evidenti segni di shock.
A – Airway: si passa poi alla valutazione delle vie aeree, ovvero osservazione del cavo orale ed eventuale asportazione di ostruzioni se facilmente raggiungibile e senza infilare le dita; iperestensione del capo (presente in molti protocolli, in altri non più suggerita) o sublussazione della mandibola; mantenimento
della pervietà (in base alle proprie competenze con i presidi necessari). Per quanto riguarda l’immobilizzazione della rachide cervicale, la testa è stabilizzata solo se tenuta manualmente, nonostante l’applicazione del collare cervicale, fino all’immobilizzazione sulla tavola spinale e con i blocchi fermacapo
assicurati.
B – Breathing/Back: bisogna effettuare una valutazione di respirazione adeguata, e dunque: frequenza respiratoria, ispezione dei movimenti del torace, cianosi, deviazione tracheale e osservazione della muscolatura accessoria. Esporre il torace del paziente, per l’ispezione, la palpazione, l’auscultazione e le percussioni. Controllare la schiena per eventuali sanguinamenti occulti o oggetti impalati.
C – Circulation: è necessario stimare le condizioni generali del sistema circolatorio e dello stato di perfusione della vittima. Lo scopo è valutare un possibile stato di shock per emorragia esterna e/o interna, controllando torace, addome, pelvi, spazio retroperitoneale e cosce. Valutare i segni clinici di
sanguinamento: tempo di riempimento lento del capillare, pelle fredda e appiccicosa, livello e qualità della coscienza. Effettuare, se necessaria, la rianimazione cardio polmonare.
D – Disability: ovvero la valutazione del quadro neurologico. Procedere con analisi del livello di coscienza, la dimensione e la reattività della pupilla. In base al trauma: immobilizzazione della colonna vertebrale e delle fratture maggiori, valutazione della risposta neurologica alle estremità, stabilizzazione delle altre fratture.
E – Environment/Exposure: analisi dell’estensione della lesione e controllo dell’ambiente con prevenzione dell’ipotermia, ipertermia, esposizione ambientale, chimica ecc. Analizzare segni di trauma, sanguinamento, imperfezioni ecc. La parte del corpo che non è esposta può nascondere la ferita più grave che colpisce il paziente.

Consulcesi – Massimo Tortorella

Suture chirurgiche, come imparare (anche da casa) a cicatrizzare le ferite

Ogni tipo di ferita va trattato in maniera diversa a seconda della profondità e della zona. Giacomazzi (istruttore ACLS e BLSD): «Materia delicata che richiede preparazione costante, non solo in ambito ospedaliero»

Punto semplice, sutura continua, punto donati (orizzontale e verticale), ma anche sutura greca, sutura intradermica, punto trifoglio, nodo piano, nodo vaccaio, nodo chirurgico e nodo con lo strumento. Sebbene possano sembrare i nomi di tecniche di cucito, parliamo in realtà delle principali modalità con cui si fanno
suture in ambito medico. Per sutura intendiamo la procedura chirurgica che consente di unire, in maniera stabile, i lembi di una lesione cutanea al fine di consentirne la cicatrizzazione. «Ogni tipo di ferita – spiega il dottor Matteo Giacomazzi, istruttore ACLS e BLSD – va trattata nel modo adeguato, ossia in relazione alla sua profondità e alla sede in cui si trova. Per fare un esempio, una ferita di 3 centimetri su un sopracciglio deve essere senza dubbio trattata in maniera molto diversa rispetto a una ferita della stessa dimensione che invece si trova su un braccio. Nel primo caso entrano in campo anche fini
di tipo estetico, mentre nel caso di una ferita sul braccio questo aspetto può passare in secondo piano». A seconda della zona del corpo interessata dalla lesione, poi, si procede con una tecnica diversa e anche i tempi di cicatrizzazione saranno differenti. Ogni ferita, infatti, ha un tempo di guarigione diverso.
Il fine della sutura è la cicatrizzazione della ferita Legamenti, fascia, tendini, nervi e ossa richiedono, ad esempio, un lungo periodo di attesa: dai 21 ai 35
giorni. Più brevi invece i tempi di guarigione di intestino e vescica (10-14 giorni), utero (10-16 giorni), parete addominale e muscolo (16 giorni). L’esito del processo di cicatrizzazione è altamente variabile e dipende principalmente dal livello di perfusione e di ossigenazione del tessuto. Esso dipende inoltre, più genericamente, dallo stato del paziente: età, condizioni fisiche, stato nutrizionale, natura e posizione della ferita, infezioni e risposta immunitaria.

Gli strumenti: filo e ago da sutura
Le suture vengono realizzate attraverso ago e filo. Il filo da sutura è un filamento utilizzato per l’accostamento (o sintesi) dei tessuti. Questo deve essere facile da maneggiare, sterilizzabile, robusto (dotato dunque di una elevata forza tensile), economico, inerte (anallergico, non flogogeno e non cancerogeno) e resistente alle infezioni (ovvero non colonizzabile da agenti patogeni endogeni e/o
esogeni). Vengono classificati in base al materiale di cui sono fatti, al calibro e al tipo di ago montato. Tra le caratteristiche principali da tenere in considerazione nella sua scelta ci sono la forza tensile (indice di robustezza del filo), la forza del nodo, l’effetto memoria (ovvero la tendenza naturale del filo a tornare alla
posizione di partenza), l’elasticità, la plasticità e la capillarità. I fili da sutura possono essere classificati a seconda del materiale utilizzato, della struttura e del riassorbimento. Per quanto riguarda la prima categoria, il filo da sutura può essere naturale (di origine vegetale o animale) o sintetico. Se consideriamo,
invece, la struttura, un filo può essere intrecciato, ritorto o non intrecciato né ritorto (un unico monofilamento che ne compone la struttura). In terzo luogo, abbiamo fili riassorbibili (come il poliestere) o non riassorbibili (come nylon o seta).
Passando poi agli aghi da sutura, questi sono gli strumenti da utilizzare per penetrare nei tessuti biologici.
Ad ogni ago da sutura si abbina un filo da sutura. L’ago deve essere sterilizzabile, sottile, resistente, tagliente, inerte (ovvero non deve causare reazione tessutale), sufficientemente flessibile, direzionabile e fissabile sul porta aghi. Deve inoltre essere affilato, atraumatico, resistente, duttile, inerte e sterile. Tutti gli
aghi da sutura sono rivestiti in silicone per diminuire il coefficiente di frizione, migliorare il passaggio attraverso i tessuti e migliorare le caratteristiche di affilatura dell’ago.
La pratica da casa
Usare ago e filo da sutura non è semplice e per padroneggiare la materia è necessario fare molta pratica.
«Quella relativa al posizionamento dei punti di sutura è una materia già presente nel percorso formativo di base di un medico o di un professionista sanitario – spiega ancora Giacomazzi –. Data la sua delicatezza, però, necessita di una pratica costante». Pratica che è possibile fare anche da casa attraverso dei Pad
(facilmente acquistabili online) progettati per replicare la struttura anatomica del tessuto umano (comprensiva di pelle, grasso e muscolo) per simulare l’intervento su ferite sia superficiali che profonde.
Il dottor Giacomazzi è responsabile scientifico del corso di formazione “Suture chirurgiche: dallo strumentario alla scelta della tecnica adeguata” (3 crediti ECM), disponibile sulla piattaforma Consulcesi Club. Una serie di video lezioni che spiegano «in maniera facile e comprensibile», i vari punti di sutura. «La
formazione dal vivo è molto importante – spiega ancora –. Essere in aula con un formatore, all’interno di un contesto operativo, e posizionare direttamente i punti di sutura è una pratica che insegna molto ma la Formazione a distanza ha un punto di forza assolutamente non secondario: seguendo i video tutorial è
infatti possibile esercitarsi, per tutto il tempo che si vuole, senza correre il rischio di causare danni ad un paziente. Come in qualsiasi tipo di disciplina è dunque possibile allenarsi e prendere familiarità e dimestichezza con tecniche complesse che possono poi essere applicate con maggior sicurezza in un contesto operativo, ovviamente affiancati da un collega con più esperienza».

Consulcesi – Massimo Tortorella

We care different, nasce la Fondazione Consulcesi: la mission è il sostegno alle fasce più vulnerabili

Nei primi mesi di attività progetti in Eritrea, Italia e Ucraina per favorire l’accesso alle cure sanitarie nel mondo

Roma, 13 dic. 2022 Ridurre il divario nell’accesso alle cure in Italia e nel mondo per le fasce più vulnerabili, specialmente nei Paesi con i sistemi sanitari più fragili. È questo l’ambizioso obiettivo della Fondazione Consulcesi, già attiva con importanti progetti grazie all’eredità del Gruppo Consulcesi, impegnato da anni nel settore charity. Come il progetto in Eritrea, al fianco dell’Associazione Medici Volontari, che ha contribuito alla realizzazione di tre centri dialisi, con trenta posti letto e cinque macchinari ad Alta Efficienza in un Paese nel quale, fino a non molto tempo fa, non ne esistevano e i pazienti nefropatici morivano o erano costretti ad emigrare. In Ucraina, in cui sono stati portati beni e generi di prima necessità e poi accolte in Italia le famiglie di rifugiati. E in Albania, con la donazione di computer alle scuole, nell’ambito del progetto “Azioni di Contrasto alla povertà materiale ed educativa nelle scuole e nei centri territoriali albanesi”, per facilitare l’istruzione e ridurre il gap di conoscenza dovuto alla mancanza di accesso alla tecnologia. La donazione di personal computer è avvenuta anche in Italia, in collaborazione con l’associazione Informatici senza Frontiere che ha potuto supportare famiglie fragili e Enti del Terzo Settore impegnati nel sociale, e in Svizzera in collaborazione con la Caritas Ticino. L’impegno della Fondazione è intenso anche in Italia. In occasione delle festività natalizie, la Fondazione Consulcesi lancia una collaborazione con l’associazione Divertitempo, impegnata nell’integrazione sociale di bambini con disabilità e bisogni speciali in cui finanzia 9 progetti ricreativi e per il tempo libero dedicati ai ragazzi. 

In corso di organizzazione per il 2023 nuovi progetti Unità mobile, recruitment e formazione che vedono protagonisti medici e personale sanitario, con l’obiettivo di contribuire al miglioramento del livello di salute e benessere psico-fisico di persone svantaggiate e fragili della popolazione.

“La Fondazione rappresenta un ulteriore tassello del nostro impegno nel migliorare il sistema salute, soprattutto per gli individui più fragili e svantaggiati.”, commenta Simone Colombati, Presidente della Fondazione Consulcesi. “Siamo convinti che solo attraverso la collaborazione tra medici, operatori sanitari ed enti, e attivando energie e idee innovative, sia possibile dare risposte più efficaci alle complesse problematiche che investono la società civile” aggiunge

Francoise Jourdan, Vicepresidente Fondazione Consulcesi.  

We care different è il claim della Fondazione Consulcesi, naturale estensione del We are different che ispira l’attività corporate dell’azienda e il Manifesto della no profit, disponibile sul nuovo sito https://www.fondazioneconsulcesi.org/ e sui canali social:

Massimo Tortorella

Salute, Oms: “Infezioni in ospedale nel 70% dei casi evitabili con formazione adeguata”

Una siringa non gettata correttamente, una garza riutilizzata per errore, scarsa igiene nelle stanze. Gli ospedali, luoghi che dovrebbero essere deputati alla cura delle malattie, sono tra le aree più comuni per la diffusione di infezioni. Secondo l’Oms, ogni 100 pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere, ben 7 contraggono un’infezione, nei Paesi ad alto reddito e 15 pazienti in quelli a basso e medio reddito. Ben 1 su 10 va incontro al decesso, secondo l’ultimo rapporto dell’OMS ‘Global report on infection prevention and control’. E il 70% di questi, – dice l’Oms, – potrebbero essere evitati attraverso una maggiore prevenzione, formazione del personale per l’implementazione dei protocolli di sicurezza e una migliore igiene negli ambienti ospedalieri.

“L’errata gestione dei rifiuti sanitari è tra i responsabili nascosti della diffusione di malattie infettive negli ospedali” sostiene Gian Piero Trasolini, Ingegnere ambientale  “un fenomeno ancora poco considerato se pensiamo che tra le circa 16 miliardi di iniezioni che vengono fatte ogni anno non tutti gli strumenti, in primis, aghi e siringhe vengono smaltiti in modo sicuro”, aggiunge l’esperto che con Consulcesi ha lanciato un nuovo corso di formazione ECM volto proprio a favorire una migliore gestione dei rifiuti ospedalieri in conformità con la normativa vigente.

I suoi timori sembrano trovare conferma negli ultimi dati disponibili provenienti dall’ Osservatorio Italiano 2017 sulla Sicurezza per gli operatori sanitari secondo cui solo 1 ospedale su 2 utilizzava dispositivi di sicurezza contribuendo ai 130 mila incidenti a rischio di contagio che si verificavano ogni anno in Italia. “il 75% degli incidenti consiste in punture e lesioni, il 25% in contaminazione con sangue e liquidi biologici”, scriveva l’INAIL riportando i dati dell’Osservatorio. 

“La formazione e l’informazione di tutti gli operatori coinvolti lungo la catena di smaltimento dei rifiuti è fondamentale, oltre che per i gravissimi danni causabili alla salute del singolo, – aggiunge Trasolini – per garantire il rispetto della normativa, la cui violazione esporrebbe i datori di lavoro a sanzioni di natura penale e l’azienda a sanzioni pecuniarie, interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza”.

Il corso di formazione “La gestione dei rifiuti sanitari: normativa e sostenibilità ambientale” è aperto a tutti i medici e operatori sanitari ed è disponibile fino al 31 dicembre 2022, termine ultimo per l’acquisizione dei crediti formativi ECM obbligatori previsti per il triennio 2020-2022. Il volume racconta lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri a 360 gradi: partendo da un quadro generale sulle varie tipologie di rifiuti sanitari, sul deposito temporaneo e sulla sterilizzazione all’interno della struttura sanitaria, inquadra la gestione dei rifiuti all’interno della normativa e approfondisce i Decreti-legge di riferimento. Parte fondamentale della formazione sottoforma di e-book sarà anche la definizione dei criteri metodologici per la valutazione della caratterizzazione di pericolo HP9 – Infettivo e il focus sull’impatto ambientale associato ai processi di trattamento e smaltimento dei rifiuti sanitari, sugli impianti attualmente presenti in Italia e sulle possibili azioni di riciclo e riuso di questa tipologia di scarti.

Consulcesi – Massimo Tortorella

Test Medicina: Consulcesi, con riforma “doppia” chance per entrare, ma non premia merito

Marco Tortorella, legale di Consulcesi: “Dare agli studenti la possibilità di ripetere il test di ingresso alla facoltà di Medina non è una riforma vera e propria. Il sistema di accesso è sempre lo stesso e non premia i meritevoli. Il ricorso continuerà a rimanere una possibilità concreta per tutti gli aspiranti medici esclusi ingiustamente”.

Roma, 24 ottobre 2022 – Mentre l’Università San Raffaele di Milano ha da poco annunciato la data di apertura delle iscrizioni ai test d’ammissione a Medicina, prevista per il prossimo 25 ottobre, inaugurando la formula della “doppia prova” introdotta dalla riforma, gli addetti ai lavori continuano a rimanere scettici. Gli esperti di Consulcesi, che da anni si occupano di offrire assistenza agli aspiranti medici, non sono convinti che le nuove regole per l’ammissione ai corsi di Medicina, contenute nel decreto pubblicato dal ministero dell’Università lo scorso 28 settembre, siano effettivamente in grado di superare gli attuali limiti del sistema a Numero Chiuso. 

A spiegarne il perché è stato l’avvocato Marco Tortorella, legale Consulcesi, in un webinar intitolato “Test Medicina e ora che succede?” che in poco più di una settimana ha raddoppiato le sue visualizzazioni, passando da 10mila a circa 20mila. “Non è una riforma vera e propria”, spiega Tortorella. “Il sistema di accesso ai test è sempre lo stesso. Sono solo stati raddoppiate le possibilità – aggiunge – consentendo agli studenti di iniziare a farlo al quarto anno di superiori”. Gli studenti quindi verranno selezionati, come già avviene da moltissimi anni, in base a chi svolge la prova migliore. “Insomma, rimane il Numero Chiuso e rimangono i soliti test”, evidenzia il legale. “Quindi non garantisce l’ingresso dei più meritevoli, ma rimane sempre un sistema rigido e difettoso”, aggiunge.

I legali di Consulcesi sono attualmente impegnati nella valutazione delle numerosissime segnalazioni, molte delle quali diventeranno oggetto di ricorsi all’autorità amministrativa. “Qualcosa a cui siamo ormai abituati e che credo che questa riforma non cambierà”, sottolinea Tortorella. 

Negli ultimi 20 anni lo strumento del ricorso alla giustizia amministrativa ha permesso a decine di migliaia di studenti, esclusi ai test di selezione alla Facoltà di Medicina, di iscriversi, di studiare, di fare gli esami e infine di laurearsi. “Le ordinanze del Consiglio di Stato che si sono susseguite negli anni a favore degli studenti ricorrenti confermano ulteriormente che questo sistema è inadatto a selezionare i più meritevoli”, dice Tortorella. “Già nel 2018-2019 il Consiglio di Stato ha addirittura ritenuto inadeguato l’utilizzo della capacità ricettiva degli atenei, cioè quanti studenti possono accogliere nelle loro facoltà, come unico parametro per stabilire i posti disponibili nelle varie facoltà di Medicina. In quell’occasione – prosegue – il Consiglio di Stato ha evidenziato la necessità di considerare nella scelta del numero dei posti anche il fabbisogno nazionale, che sappiamo essere ben superiore rispetto a quanti studenti viene data la possibilità di entrare nella facoltà di Medicina”.

Una vera riforma, secondo il legale di Consulcesi, è quella in cui viene definitivamente abolito il Numero Chiuso. “A mio avviso dovrebbe essere garantito un accesso libero o semilibero – sottolinea Tortorella – al primo anno, strutturando il percorso accademico in modo da spostare più avanti le attività che prevedono l’utilizzo di strumenti che sono pochi. Per poi procedere a una selezione che è comunque anche più naturale. In questo modo si può effettivamente modulare la selezione sull’effettiva capacità degli studenti e in base alle esigenze del nostro sistema sanitario”.

Per questo Consulcesi conferma ancora una volta il suo impegno a fianco degli aspiranti medici affinché venga garantito loro il diritto allo studio e, di conseguenza, il diritto a impegnarsi per realizzare i propri sogni.

Mese della prevenzione del tumore al seno

Petrella (oncologo e docente Consulcesi): “in Italia diminuisce la mortalità ma ancora troppa disparità tra Nord e Sud. Necessario potenziare prevenzione e diagnosi precoce”

Roma, 13 ott. – Con 60mila nuovi casi quest’anno, il tumore al seno si conferma la prima tra le neoplasie femminili, rappresentando quasi il 45% di tutte le neoplasie che colpiscono le donne e circa il 15% dei tumori diagnosticati in Italia.

“Gli importanti traguardi raggiunti in termini di probabilità di guarigione confermano l’importanza della diagnosi precoce ma non devono farci abbassare la guardia perché l’incidenza del tumore al seno registra un incremento dell’1% ogni anno”. Il monito arriva da Giuseppe Petrella, oncologo e professore ordinario di Chirurgia Generale presso l’Università Tor Vergata di Roma, che in occasione del mese della prevenzione per il tumore al seno lancia con Consulcesi il nuovo corso di formazione ECM “Patologia mammaria: prevenzione, diagnosi e terapia – la storia di Francesca”. 

Sebbene infatti i dati sulla sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi collochino l’Italia tra i primi Paesi europei, l’aumento dei tumori femminili, da quello al seno ai più preoccupanti tumori del polmone e della vescica mettono in allerta gli esperti che tornano a ribadire la necessità di potenziare la prevenzione attraverso i medici di base che in primis devo sollecitare ai controlli e attraverso un rafforzamento dei servizi territoriali lungo tutta la penisola dove si registra ancora una disuguaglianze tra Nord e Sud

In Italia si muore meno di tumori dunque, ma principalmente dove la prevenzione funziona, ossia nelle regioni settentrionali. A confermarlo è l’ultimo report dell’Osservatoriosalute 2021 secondo cui il Meridione ancora sconta “ritardi nell’implementazione dei programmi di screening e una prevalenza più sfavorevole per alcuni fattori di rischio oncologico rilevanti, quali fumo e obesità”, che aggiunge: “le regioni meridionali si avviano a diventare quelle a mortalità e incidenza più alta per alcuni tumori frequenti.”

Ma la maggiore mortalità al Sud potrebbe essere verosimilmente influenzata da una molteplicità di aspetti, tra cui una minore adesione agli screening mammografici: secondo quanto riportato dall’Humanitas di Catania infatti, se al Nord raggiunge l’80%, nelle regioni meridionali sfiora il 60%.

Da qui il ruolo chiave dei medici di base che, ribadisce Petrella, “devono sensibilizzare la popolazione, in particolare le donne e fin dalla giovane età a sottoporsi a controlli di prevenzione” oltre che a “rimanere continuamente aggiornati sulle novità inerenti a cause e cure in materia di malattie oncologiche, per poter fornire la migliore assistenza possibile”.

Il corso, condotto da Petrella con un team di esperti specializzati nelle diverse aree mediche coinvolte nel percorso diagnostico e terapeutico del tumore al seno, è parte di un’ampia collana di corsi FAD realizzata da Consulcesi sul tema delle neoplasie. Questo, associato al film-formazione ‘La storia di Francesca’, è accessibile online fino al 31 dicembre 2022, temine ultimo per l’acquisizione dei crediti obbligatori previsti per il triennio formativo 2020-2022

Massimo Tortorella Consulcesi

Medici specializzandi, Corte di Cassazione ‘apre’ su prescrizione e rivalutazione interessi

Due ordinanze della Cassazione riaprono la vertenza, con udienza pubblica

Avv. Tortorella, specialista del contenzioso: “Si apre la possibilità che la giurisprudenza riveda le sue posizioni in senso più favorevole ai medici e che la questione venga riportata nella sua sede naturale dinanzi alla Corte di Giustizia Europea”

Si fanno subito sentire gli effetti della recente pronuncia della Corte di Giustizia europea sulla vertenza dei medici ex specializzandi in tema di rivalutazione degli interessi e prescrizione. La Cassazione, in ragione del carattere di novità delle argomentazioni proposte dai medici e dalla Commissione Europea, con due distinte ordinanze interlocutorie (datate 21 aprile e 20 marzo) ha ritenuto opportuno rimettere la causa sul ruolo affinche venga discussa in pubblica udienza

Ne dà notizia il pool di legali di Consulcesi, che nell’annunciare le decisioni della Corte e la netta presa di posizione della Commissione Ue aveva già anticipato che la Suprema Corte ne avrebbe necessariamente tenuto conto.

L’antefatto. Nella sentenza del 3 marzo 2022 la Corte di Giustizia europea,  aveva confermato il diritto alla remunerazione per i medici iscritti alla scuola di specializzazione prima del 1982. 

La posizione della Commissione Europea. La novità è che durante questo procedimento la Commissione Europea, che rappresenta la Comunità, ha preso posizione affermando che la legge 370 del 99 si poneva in contrasto con le norme del trattato, in quanto non prevedeva il riconoscimento della rivalutazione degli interessi in tema di liquidazione del danno ai medici, dando ragione alle tesi da sempre sostenute dai legali Consulcesi. 

La Cassazione, quindi, con l’ordinanza del 21 aprile, ha rimesso la discussione in pubblica udienza, aprendo di fatto a una rivalutazione del tema. 

Per altro, sempre di recente, a marzo la sesta sezione della Cassazione, in un giudizio che riguarda i medici scritti prima del ‘91 proprio sulla questione della prescrizione, ha rimesso la causa sul ruolo perché venga decisa in pubblica udienza, ritenendo come, sulla base delle argomentazioni che erano state poste dai medici, fosse opportuna una rivalutazione della materia da parte della Corte a fronte del precedente “tralatizio” orientamento (meno favorevole ai medici) nell’ambito della decorrenza della prescrizione. 

“La Cassazione sta valutando di rivedere le posizioni che si erano poste in contrasto con le domande dei medici, sia per quelli che non avevano percepito alcuna remunerazione, in quattro iscritti prima del 91, sia in favore di quelli che si sono iscritti dopo il 93 e che hanno percepito la borsa di studio, ma che agiscono per un adeguamento di questa borsa. – precisa l’Avv. Tortorella, specialista del contenzioso. – In particolar modo, prosegue l’esperto, la Suprema Corte, con due ordinanze interlocutorie, ha rimesso i due giudizi su ruolo perché venga discussa in pubblica udienza la possibilità, sia di rivedere la vecchia giurisprudenza sulla prescrizione, e quindi valutare se posticiparla come noi abbiamo sempre sostenuto, sia per considerare l’impatto che la presa di posizione della Commissione Europea avrà sui ricorsi e sul riconoscimento della rivalutazione e degli interessi, da noi sempre richiesti. In quella sede noi sosterremo le nostre ragioni in favore dei medici e chiederemo che la questione venga rimessa nella sua sede naturale, ovvero la Corte di Giustizia Europea”, conclude l’Avvocato. 

“Era il cambiamento in cui abbiamo sempre creduto, da noi sempre auspicato – commenta il pool legale Consulcesi – andremo avanti con coraggio per aiutare l’Italia a rimettersi in pari con l’Europa e finalmente per rimborsare quell’esercito di  specialisti che da oltre 20 anni tuteliamo con forza e determinazione”.

La carenza degli infermieri si supera puntando sulla formazione, l’appello di Consulcesi

In occasione della Giornata Internazionale dell’infermiere, che si celebra il prossimo 12 maggio, il presidente di Consulcesi Massimo Tortorella chiede di rivedere le modalità di accesso alla facoltà di Infermieristica. Urgenti anche misure che rendano la professione più attraente in Italia.

Circa 70mila infermieri. A tanto ammonta l’attuale fabbisogno di queste figure professionali in Italia. “È una lacuna importante, destinata ad aumentare nei prossimi anni”, commenta Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi. “C’è solo un modo per risolvere il problema alla radice ed è quello di aumentare i laureati e quindi di allargare le maglie strette del numero chiuso”, aggiunge.

Mentre infatti sono stati aumentati significativamente i posti per l’accesso ad alcune professioni sanitarie, ad esempio con l’aggiunta di nuove borse per entrare nelle Scuole di Specializzazione, per gli infermieri si è fatto poco o nulla. Nel 2021 sono stati previsti 1.173 posti in più rispetto al 2020. Molto pochi rispetto all’attuale fabbisogno. Nel frattempo, i 460mila infermieri che oggi lavorano nelle strutture italiane devono fare i conti con turni di lavoro massacranti a fronte di una retribuzione molto bassa e a pochissime prospettive di carriera. Non stupisce che in 10-15 anni la bellezza di 20mila infermieri italiani hanno deciso di fuggire all’estero. “La Giornata internazionale dedicata agli infermieri quindi può essere l’occasione, non solo di celebrare l’encomiabile lavoro di questi ‘angeli custode”, ma anche di rendere più attraente una professione oggi troppo bistrattata”, sottolinea Tortorella.

Allargare le maglie del numero chiuso quindi è fondamentale, ma questo da solo non basta. “Per ridare dignità alla professione dell’infermiere serve un adeguato riconoscimento economico e la possibilità per il professionista di migliorarsi, allargando e affinando le proprie competenze”, sottolinea Tortorella. 

Non a caso Consulcesi, provider di servizi di consulenza e assistenza legale per i professionisti della salute e leader italiano nella fornitura di corsi accreditati ECM dedicati all’aggiornamento su specifiche tematiche, offre proprio agli infermieri un ampio ventaglio di possibilità formative, non mancando di affrontare con questi questioni complesse come la responsabilità professionale durante la gestione dell’urgenza-emergenza, o nella somministrazione dei farmaci.

“La prospettiva di una carriera può essere una vera e propria calamita per i giovani che vogliono avvicinarsi alla professione infermieristica”, sottolinea Tortorella. “E’ questo quello di cui abbiamo bisogno affinché l’attuale lacuna di professionisti, non si trasformi in una vera e propria voragine nei prossimi 5-10 anni”, conclude.