Su 600mila dimostrazioni di interesse all’azione collettiva Aria Pulita, oltre il 15 per cento arriva da Milano. Seguono Roma con quasi 95mila richieste e Napoli con circa 80mila. Massimo Tortorella, presidente Consulcesi: “La qualità dell’aria è diventata una priorità per gli italiani”
Milano, Roma e Napoli sono tra le città in cui si superano più frequentemente i limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità sulla concentrazione di polveri sottili, ma sono anche ai primi posti per residenti con “ecoansia”. È così infatti che possono essere interpretate le oltre 275mila richieste arrivate da Milano, Roma e Napoli ai legali Consulcesi impegnati nell’azione collettiva Aria Pulita.
Sulle circa 600mila dimostrazioni di interesse pervenute, quasi 102mila arrivano solo da Milano. Seguono Roma con quasi 95mila richieste e Napoli con circa 80mila. “Il crescente interesse della popolazione italiana, in particolare dei residenti di Milano e di altre grandi città del Belpaese, è segno del sempre più diffuso sentimento di disagio legato all’inquinamento atmosferico”,
commenta Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi Group. “La qualità dell’aria è ormai diventata a tutti gli effetti una priorità per gli italiani, che mostrano di aver acquisito una maggior consapevolezza del legame imprescindibile tra salute ambientale e umana, attuale e futura”, aggiunge.
Milano, Roma e Napoli sono tra le città che sforano più i limiti di qualità dell’aria. Da una recente indagine condotta da Deutsche Welle, in collaborazione con lo European Data Journalism Network, basata sui dati satellitari del servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus, è emerso che tra il 2018 e agosto 2023
Milano, Roma e Napoli sono tra le 58 città italiane dove la concentrazione di polveri sottili supera i limiti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Milano, Roma e Napoli rientrano tra i 3.384 comuni e città italiane candidabili all’azione collettiva Aria Pulita e gli stessi per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre 40 milioni le persone
che possono richiedere, tramite l’iniziativa legale di Consulcesi, un risarcimento per aver respirato, loro malgrado, “aria avvelenata”.
“Il nostro auspicio è che alla crescente sensibilità dei cittadini sull’importanza di respirare aria pulita segua anche un cambio di marcia nelle politiche mirate a rendere più sano l’ambiente in cui viviamo”, evidenzia Tortorella. “L’obiettivo dell’azione collettiva Aria Pulita, infatti, non è soltanto quello di aiutare i
cittadini a essere risarciti per aver respirato aria inquinata, ma anche quello di stimolare i decisori politici ad affrontare coraggiosamente, una volta per tutte, l’annoso problema dell’aumento di emissioni inquinanti nell’atmosfera”, conclude il presidente di Consulcesi.
Per aderire all’azione collettiva, basta dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto dal 2008-2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare all’azione collettiva, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it.
Autore: admin
Sempre più single a rischio sindrome Bridget Jones, per la neurologa ‘va curata’
In Italia oggi i single (il 33,2% della popolazione) superano le famiglie (‘ferme al 31,2%), secondo l’ultima rilevazione Istat, ma solo per un terzo degli italiani essere single è davvero una scelta, contro oltre il 60% che dichiara di essere condizionato da altri fattori, in primis lo stress e l’insicurezza lavorativa, come rivela il 35mo Rapporto Italia di Eurispes. La scelta di essere single “è, in sempre più casi, il risultato di una ricerca spasmodica del ‘partner perfetto’ che si traduce puntualmente in un nulla di fatto, poiché impossibile”. Così Maria Cristina Gori, neurologa e psicoterapeuta, nel nuovo corso di formazione realizzato per Consulcesi dal titolo ‘Anuptafobia: la paura di rimanere soli’, altrimenti conosciuta come sindrome di Bridget Jones.
Come spiega l’esperta, “la crisi economica, i disastri naturali, la pandemia, le guerre e la crisi climatica, stanno mettendo alla prova il nostro equilibrio psichico, alimentando in sempre più persone stati di ansia, depressione”, oltre che a “paure per molti aspetti ancora fortemente sottovalutate come quella della
solitudine, della morte e della malattia. Si tende così – aggiunge Gori – a trovare rifugio e consolazione nella relazione romantica, o meglio nella ricerca spasmodica di questa, finendo col passare da una relazione ad
un’altra senza mai sentirsi realmente ‘interi’, come la storia della ‘mezza mela’ erroneamente ci insegna”.
Se è umano desiderare di trovare un partner con cui realizzare un progetto di vita insieme, la condizione di ‘disaccoppiati’ – si legge in una nota – può diventare una vera e propria paura, al limite dell’ossessione, l’anuptafobia appunto (dal latino ‘anupta’, ossia ‘senza nozze’). Comunemente nota come la sindrome di
Bridget Jones – nome della protagonista di una serie di romanzi – è una paura intensa e irrazionale che colpisce tendenzialmente, più le donne che gli uomini, specialmente fra i 30 e i 40 anni poiché “legata principalmente a quel retaggio culturale secondo cui le donne in questa età dovrebbero trovare marito e
metter su famiglia”. Ma anche, illustra Gori, “abbandoni, tradimenti, rifiuti… possono gravare sul senso di inadeguatezza che conduce all’anuptafobia”.
Nonostante la sua rilevanza clinica, l’anuptafobia – che può causare anche seri problemi di salute mentale, attacchi di panico e depressione -rimane ancora sottodiagnosticata, a volte ‘scambiata’ erroneamente per dipendenza affettiva, altre per ansia, depressione, ossessioni e ruminazioni. “Per questo – sottolinea
l’esperta – è importante formare non solo gli specialisti ma anche medici di medicina generale e gli altri professionisti della salute su campanelli d’allarme e sintomi psichici. Non necessariamente fornire aiuto a chi manifesta sofferenza psichica – prosegue – deve tradursi nell’indirizzare verso lo psicoterapeuta, non
solo almeno e ovviamente dipende dalla gravità. Ma a volte è proprio la solitudine e l’isolamento a causare malessere, e anche semplicemente suggerire attività come la partecipazione a circoli, un nuovo o il completamento di un percorso formativo, da parte dei medici di famiglia potrebbe fare la differenza”.
Il corso di formazione – dettaglia la nota – è fruibile in formato ebook e audiolibro, e prevede il rilascio di 10.5 crediti Ecm con il superamento di un test online. La formazione si focalizza su alcune delle dimensioni chiave di questa patologia: le relazioni, l’amore (pulsione sessuale, sistema dell’attrazione, sistema
dell’attaccamento), l’isolamento (interpersonale, intrapersonale, esistenziale), la solitudine (quella provata durante la pandemia, quella della rete, della religione, della malinconia e della depressione, dell’anziano, della malattia e dei poeti), il disturbo dipendente di personalità (con un focus sui criteri clinici del DSM-5).
All’interno del corso c’è anche una scheda su due strumenti di valutazione normalmente impiegati per la dipendenza affettiva e che possono dare un’indicazione utile anche per l’anuptafobia.
Medici ex specializzandi, Consulcesi: “Parlamento impegna Governo su borse studio”
Tortorella (Consulcesi): “Confermate le nostre tesi, i tribunali devono
considerarlo”
“Il diritto dei medici ex specializzandi 78-2006 esce ulteriormente rafforzato in Parlamento”. Così Consulcesi commenta la significativa approvazione – all’unanimità dalla Camera dei Deputati nella seduta del 2 agosto – dell’Ordine del giorno, presentato dall’onorevole Nazario Pagano e votato nell’ambito del Dl Infrazioni, con cui il Governo ha assunto un impegno formale nei confronti di decine di migliaia di medici a cui, durante la scuola di specializzazione, era stato negato il corretto trattamento economico in violazione delle direttive
comunitarie in materia. “Le nostre tesi – commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi in una nota – quelle che sosteniamo da sempre, hanno avuto l’ennesima conferma. Il lavoro di stimolo, ma anche collaborazione, verso le istituzioni sta già producendo importanti risultati di cui i tribunali dovranno
necessariamente tenere conto”.
Nel corso del suo intervento – si legge nella nota – Pagano, primo firmatario del provvedimento, ha ricordato la recente pronuncia della Corte di Giustizia europea in favore dei professionisti sanitari coinvolti in questa annosa vicenda. “L’approvazione dell’Odg – afferma Pagano – rappresenta l’impegno del governo
a estendere l’applicazione della borsa di studio a tutti quei medici iscritti ai corsi di specializzazione medica, proprio in esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia europea. Chi si è specializzato in quegli anni – ricorda – è stato sottopagato rispetto a chi lo ha fatto successivamente e necessita quindi di giustizia che ora, dunque, sarà fatta”.
Consulcesi, da più di 20 anni in prima linea a tutela del diritto dei medici ex specializzandi coinvolti nella vicenda e forte di oltre 600 milioni di euro in loro favore attraverso le azioni collettive avviate – ricorda la nota – intravede un nuovo momento di svolta per il contenzioso. “La prima importante notizia – sottolinea Tortorella – è che in Parlamento si sia riappropriato del suo ruolo, in questi anni lasciato invece ai tribunali.
C’è una forte e chiara volontà politica, da parte di questo esecutivo, di porre fine a questa ingiustizia”. Con la prospettiva di nuovi interventi in sedi istituzionali, da Consulcesi arriva dunque l’invito alle decine di migliaia di medici coinvolti di proseguire con forza e determinazione la battaglia legale avviata.
Korn (Gemelli): “I bambini sono i più vulnerabili ai danni dell’inquinamento”.
“I bambini più piccoli respirano molto più rapidamente di un adulto. Un bambino di 6 mesi, infatti, inspira circa 24 volte al minuto contro i 12 di una persona adulta, questo vuol dire che, nonostante le piccole dimensioni, sono in grado di inalare una gran quantità di polveri sottili ed altre sostanze tossiche immesse nell’aria. I bambini sono più bassi o trasportati sui passeggini, respirano quindi molto più vicini al suolo ed ai gas di scarico delle nostre auto”
Sono circa 6,5 milioni i bambini che, in Italia, respirano aria malsana esponendosi, loro malgrado, a potenziali gravi rischi per la salute. Sono quelli che risiedono nei 29 agglomerati urbani in cui si sforano i limiti sanciti dalla Corte Ue.
A dirlo, sono i legali di Consulcesi, il pool di avvocati che ha intrapreso la prima azione legale collettiva per ristabilire il diritto a respirare aria pulita. L’azione legale, consultabile sul sito Aria pulita, vale per i 3.384 i comuni italiani che non hanno rispettato i limiti imposti dalla Direttiva Comunitaria n. 2008/50/CE.
Partendo dal preoccupante aumento tra i giovanissimi delle patologie respiratorie e leucemie, l’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenzia come i bambini siano maggiormente esposti ai rischi dell’inquinamento dell’aria.
Il Dr. David Korn, Pediatra, Dirigente Medico del Pronto Soccorso Pediatrico e Responsabile dei progetti di Digital Health del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, intervenuto al convegno “Liberi di Respirare” organizzato da Consulcesi, ha spiegato perché i bambini, pur non avendo contribuito all’inquinamento atmosferico, ne subiscono i danni più gravi. Prima di tutto, ha ricordato il Dr. Korn, i bambini più piccoli respirano molto più rapidamente di un adulto. Un bambino di 6 mesi, infatti, inspira circa 24 volte al minuto contro i 12 di una persona adulta, questo vuol dire che, nonostante le piccole dimensioni, sono in grado di inalare una gran quantità di polveri sottili ed altre sostanze tossiche immesse nell’aria. I bambini sono più bassi o trasportati sui passeggini, respirano quindi molto più vicini al suolo ed ai gas di scarico delle nostre auto. Infine, sono organismi in rapidissima crescita, basti pensare che un neonato nei primi sei mesi di vita raddoppia il proprio peso, passando da circa 3 a 6 chili. Questo processo di eccezionale duplicazione cellulare è estremamente vulnerabile agli agenti inquinanti presenti nell’aria proprio perché sono in grado
di danneggiarlo in modo irreparabile».
«Siamo qui non per parlare di problemi ma per trovare delle soluzioni, continua il pediatra, la telemedicina avanzata è una di queste perché riduce l’inquinamento, è semplice e permette già ai nostri pediatri di eseguire una visita medica completa, a distanza ed in tempo reale, inclusa l’auscultazione del cuore e dei polmoni, come se il bambino fosse in ospedale mentre si trova invece seduto sul divano di casa propria», conclude – con ottimismo – il Dr. Korn.
Consulcesi lancia causa ‘Aria Pulita’. Dopo aver lottato per anni per i diritti degli operatori sanitari, vincendo migliaia di cause legali in tribunale e ottenendo dallo Stato risarcimenti per oltre 600 milioni di euro, il team Consulcesi scende ora in campo a difesa e tutela della salute dei cittadini, in particolare dei bambini.
Consulcesi ha lanciato la nuova iniziativa legale “Aria Pulita”, parte così la più grande azione collettiva rivolta a tutti i cittadini che vogliono combattere per il proprio diritto a respirare aria salubre.
«L’azione legale ha lo scopo di accertare la violazione del diritto a vivere in un ambiente salubre, con conseguente richiesta di risarcimento del danno, in favore dei residenti delle zone in cui è stato accertato il superamento dei limiti europei di particelle inquinanti (PM10 e biossido di azoto) contenute nell’aria del
proprio comune», spiega l’Avvocato Marco Tortorella di Consulcesi. «L’azione legale rappresenta la presa di coscienza dei cittadini come stimolo a trovare una soluzione. Inoltre, è anche l’occasione per spingere le Istituzioni affinché intervengano per porre rimedio a tale intollerabile situazione che, nonostante la
condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, continua a perpetrarsi», aggiunge l’Avvocato Tortorella.
È possibile scoprire se si rientra nella fascia di popolazione eleggibile alla causa collettiva visitando il sito di Aria Pulita: www.consulcesi.it/legal/ambiente.
Caldo, Consulcesi: “Insieme a smog mix micidiale, +20% adesioni ad Aria pulita”
“Siamo molto preoccupati dell’impatto che questo mix di caldo estremo e inquinamento atmosferico può avere sulla salute degli italiani, specialmente la popolazione più fragile. In letteratura scientifica ci sono numerose evidenze che collegano questo micidiale cocktail all’aumento di problemi a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, come asma, polmoniti, broncopneumopatia cronica ostruttiva e anche infarto, ictus e altri tipi di coronaropatie. E sempre più italiani se ne stanno rendendo conto. Non è un caso se nell’ultima settimana abbiamo registrato un aumento di ben il 20% delle adesioni alla nostra azione collettiva ‘Aria pulita’. Così Massimo Tortorella, presidente Consulcesi, sull’iniziativa promossa dalla società di consulenza per far valere il diritto a vivere in un ambiente salubre.
Con l’ondata di caldo estremo in corso – sottolinea Consulcesi – si amplificano anche gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute. E’ infatti risaputo che tra temperature eccezionalmente elevate e inquinamento esiste una relazione complessa: più inquinanti immettiamo in atmosfera maggiori sono i cambiamenti climatici e, di conseguenza, maggiore è la frequenza e l’intensità delle ondate di calore che, a loro volta, aumentano la concentrazione di polveri sottili (Pm2.5). A questo si aggiungono gli adattamenti fisiologici del corpo che per regolare la temperatura aumenta la frequenza respiratoria e l’afflusso di
sangue periferico, incrementando così l’esposizione agli inquinanti ambientali.
L’iniziativa di Consulcesi è aperta ai residenti di oltre 3.300 Comuni italiani in cui la Corte di Giustizia europea ha accertato violazioni per il superamento dei valori soglia. Secondo quanto riporta il team legale, sarebbero oltre 40 milioni gli italiani che possono richiedere un risarcimento complessivo fino a 36mila euro
l’anno. “Più persone riusciamo a coinvolgere – evidenzia Tortorella – maggiori sono anche le probabilità di stimolare le istituzioni a prendere misure urgenti di contrasto all’inquinamento atmosferico a tutela della salute pubblica”. Per aderire alla causa, basta dimostrare la propria residenza in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare alla causa collettiva, cliccare su consulcesi.it/legal/ambiente.
Gestione preospedaliera del paziente traumatizzato. Cosa sono il PTC e la sequenza XABCDE
Quasi la metà delle morti causate da trauma grave è evitabile grazie ad un primo soccorso efficace. Chi è addetto al primo soccorso segue linee guida e protocolli che possono massimizzare l’efficacia di un intervento salvavita. Vediamo quali sono i principi e gli scopi del Prehospital Trauma Care
Considerato che la prima causa di morte al di sotto dei 40 anni è il trauma grave (che spesso, se non porta al decesso, è comunque causa di invalidità permanente) e che circa il 40% dei decessi totali è potenzialmente o decisamente prevenibile, la mortalità da trauma può essere enormemente ridotta migliorando la qualità del soccorso preospedaliero. E dunque, in questo contesto, risulta fondamentale
conoscere e saper applicare linee guida e protocolli che possono massimizzare l’efficacia di interventi salvavita. Parliamo dunque dell’importanza della gestione preospedaliera del paziente traumatizzato, o PTC (Prehospital Trauma Care). Vediamo di cosa si tratta.
Prehospital Trauma Care: cos’è e a cosa serve
Il trauma è una ferita o una lesione più o meno estesa prodotta da un’azione violenta esterna all’organismo, e viene valutato sia in termini di gravità che di urgenza. Un trauma può essere grave ma ciò non comporta necessariamente l’urgenza: esistono ad esempio dei traumi molto gravi (come la sospetta
frattura della colonna vertebrale) che non solo possono essere trattate con la dovuta calma ma potrebbero addirittura aggravarsi (in maniera anche irrimediabile) se il soccorso è precipitoso, frettoloso e non adeguatamente coordinato. Ci troviamo invece di fronte ad un trauma urgente quando la vita del soggetto infortunato è in pericolo e le sue funzioni vitali (come respiro, circolazione del sangue, battito cardiaco) sono compromesse e, dunque, è necessario intervenire con tempestività. Scopo del PTC è quello di
applicare i protocolli corretti (nei tempi giusti) e del necessario giudizio per un intervento ottimale che ha il fine di ridurre il più possibile il tasso di mortalità nella prima fase dell’intervento e di limitare i danni secondari causati da manovre e pratiche non corrette.
Chi può esercitare il PTC
“Il PTC è una pratica che può essere esercitata da tutti, anche i soccorritori – spiega il Daniele Manno, Istruttore di Remote e Military Life Support –. Se però parliamo di sanitari, ovvero medici e infermieri, questi potrebbero applicare protocolli anche più invasivi e decisamente più validi”. Manno spiega che la
situazione più comune in cui si può procedere con il PTC “è quella in ambito stradale”, e dunque “successivamente ad un incidente automobilistico o motociclistico”, ma è possibile utilizzarlo anche in ambito domestico: “Se parliamo di bambini sotto i quattro anni abbiamo grandi casistiche di cadute con
trauma cranico, ma anche emorragie massive ma per questo ci sono protocolli più rapidi”. Manno è responsabile scientifico del corso di formazione “PTC, la gestione preospedaliera del paziente traumatizzato” (disponibile sulla piattaforma Consulcesi Club) insieme al dottor Matteo Giacomazzi, istruttore ACLS e BLSD, che spiega: “Il corso si focalizza su quegli interventi atti a ridurre al minimo il danno secondario da trauma. Le modalità corrette con cui intervenire vengono esplicitate attraverso video interattivi, in cui si spiega, ad esempio, come posizionare il collare cervicale, come utilizzare la barella spinale e l’immobilizzatore ragno. Questi presidi sono tutti estremamente utili ai professionisti che svolgono soccorso extraospedaliero, e dunque a tutti quei profili, sia sanitari che tecnici, che prestano servizio al 118”.
Le fasi del PTC
Genericamente, il Prehospital Trauma Care è diviso in 6 fasi: Arrivo e valutazione della scena
Valutazione primaria
Valutazione secondaria
Immobilizzazione/stabilizzazione ottimale
Trasporto/trasferimento migliore
Destinazione dedicata
In caso di evento traumatico, è fondamentale verificare la sicurezza della scena prima di intervenire. È necessario dunque valutare se l’ambiente è sicuro e, in caso non lo fosse, se può essere messo in sicurezza, se la sola vittima può essere messa in sicurezza e se è necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco o delle
forze dell’ordine per mettere, appunto, la scena in sicurezza. Questa va poi delimitata e bisogna verificare con costanza che non diventi insicura. Fatto ciò, bisogna ricostruire la dinamica dell’incidente, e dunque:
cosa è successo, come è successo, quantità e tipo di energia coinvolta e numero di vittime. Si passa poi alla fase di triage: bisogna scegliere chi soccorrere per primo (nel caso in cui le vittime siano, per numero, superiori ai soccorritori) ed effettuare la sequenza XABCDE (che vedremo nel dettaglio più avanti) nel minor
tempo possibile. È necessario inoltre avvertire sempre la Centrale Operativa della situazione.
Nell’avvicinarsi alla vittima, chi interviene deve valutare il suo stato di coscienza (anche approssimativo). In queste fasi, ovvero durante la sequenza XABCDE, ogni volta che ci si imbatte in una lesione o una situazione che mette a rischio la vita dell’infortunato (come emorragia massiva, arresto cardiaco o ostruzione delle vie
aeree) è necessario fermarsi e trattarla.
La sequenza XABCDE
Passiamo ora alla sequenza XABCDE, ovvero il procedimento con cui valutare le condizioni fisiche di un paziente traumatizzato.
X – eXsanguination: in caso di grave emorragia esterna, questa deve essere gestita prima ancora delle vie aeree. Nonostante l’ostruzione delle vie aeree sia responsabile della morte in un breve periodo di tempo, nei traumi i sanguinamenti lo sono ancora di più. Controllare torace, addome, pelvi, arti per frattura esposta (ad es. il femore). Trattamento: compressione diretta o bendaggio compressivo, zaffatura, tourniquet. È necessario chiamare la Centrale Operativa in caso di emorragia massiva, amputazioni ed evidenti segni di shock.
A – Airway: si passa poi alla valutazione delle vie aeree, ovvero osservazione del cavo orale ed eventuale asportazione di ostruzioni se facilmente raggiungibile e senza infilare le dita; iperestensione del capo (presente in molti protocolli, in altri non più suggerita) o sublussazione della mandibola; mantenimento
della pervietà (in base alle proprie competenze con i presidi necessari). Per quanto riguarda l’immobilizzazione della rachide cervicale, la testa è stabilizzata solo se tenuta manualmente, nonostante l’applicazione del collare cervicale, fino all’immobilizzazione sulla tavola spinale e con i blocchi fermacapo
assicurati.
B – Breathing/Back: bisogna effettuare una valutazione di respirazione adeguata, e dunque: frequenza respiratoria, ispezione dei movimenti del torace, cianosi, deviazione tracheale e osservazione della muscolatura accessoria. Esporre il torace del paziente, per l’ispezione, la palpazione, l’auscultazione e le percussioni. Controllare la schiena per eventuali sanguinamenti occulti o oggetti impalati.
C – Circulation: è necessario stimare le condizioni generali del sistema circolatorio e dello stato di perfusione della vittima. Lo scopo è valutare un possibile stato di shock per emorragia esterna e/o interna, controllando torace, addome, pelvi, spazio retroperitoneale e cosce. Valutare i segni clinici di
sanguinamento: tempo di riempimento lento del capillare, pelle fredda e appiccicosa, livello e qualità della coscienza. Effettuare, se necessaria, la rianimazione cardio polmonare.
D – Disability: ovvero la valutazione del quadro neurologico. Procedere con analisi del livello di coscienza, la dimensione e la reattività della pupilla. In base al trauma: immobilizzazione della colonna vertebrale e delle fratture maggiori, valutazione della risposta neurologica alle estremità, stabilizzazione delle altre fratture.
E – Environment/Exposure: analisi dell’estensione della lesione e controllo dell’ambiente con prevenzione dell’ipotermia, ipertermia, esposizione ambientale, chimica ecc. Analizzare segni di trauma, sanguinamento, imperfezioni ecc. La parte del corpo che non è esposta può nascondere la ferita più grave che colpisce il paziente.
Consulcesi – Massimo Tortorella
Suture chirurgiche, come imparare (anche da casa) a cicatrizzare le ferite
Ogni tipo di ferita va trattato in maniera diversa a seconda della profondità e della zona. Giacomazzi (istruttore ACLS e BLSD): «Materia delicata che richiede preparazione costante, non solo in ambito ospedaliero»
Punto semplice, sutura continua, punto donati (orizzontale e verticale), ma anche sutura greca, sutura intradermica, punto trifoglio, nodo piano, nodo vaccaio, nodo chirurgico e nodo con lo strumento. Sebbene possano sembrare i nomi di tecniche di cucito, parliamo in realtà delle principali modalità con cui si fanno
suture in ambito medico. Per sutura intendiamo la procedura chirurgica che consente di unire, in maniera stabile, i lembi di una lesione cutanea al fine di consentirne la cicatrizzazione. «Ogni tipo di ferita – spiega il dottor Matteo Giacomazzi, istruttore ACLS e BLSD – va trattata nel modo adeguato, ossia in relazione alla sua profondità e alla sede in cui si trova. Per fare un esempio, una ferita di 3 centimetri su un sopracciglio deve essere senza dubbio trattata in maniera molto diversa rispetto a una ferita della stessa dimensione che invece si trova su un braccio. Nel primo caso entrano in campo anche fini
di tipo estetico, mentre nel caso di una ferita sul braccio questo aspetto può passare in secondo piano». A seconda della zona del corpo interessata dalla lesione, poi, si procede con una tecnica diversa e anche i tempi di cicatrizzazione saranno differenti. Ogni ferita, infatti, ha un tempo di guarigione diverso.
Il fine della sutura è la cicatrizzazione della ferita Legamenti, fascia, tendini, nervi e ossa richiedono, ad esempio, un lungo periodo di attesa: dai 21 ai 35
giorni. Più brevi invece i tempi di guarigione di intestino e vescica (10-14 giorni), utero (10-16 giorni), parete addominale e muscolo (16 giorni). L’esito del processo di cicatrizzazione è altamente variabile e dipende principalmente dal livello di perfusione e di ossigenazione del tessuto. Esso dipende inoltre, più genericamente, dallo stato del paziente: età, condizioni fisiche, stato nutrizionale, natura e posizione della ferita, infezioni e risposta immunitaria.
Gli strumenti: filo e ago da sutura
Le suture vengono realizzate attraverso ago e filo. Il filo da sutura è un filamento utilizzato per l’accostamento (o sintesi) dei tessuti. Questo deve essere facile da maneggiare, sterilizzabile, robusto (dotato dunque di una elevata forza tensile), economico, inerte (anallergico, non flogogeno e non cancerogeno) e resistente alle infezioni (ovvero non colonizzabile da agenti patogeni endogeni e/o
esogeni). Vengono classificati in base al materiale di cui sono fatti, al calibro e al tipo di ago montato. Tra le caratteristiche principali da tenere in considerazione nella sua scelta ci sono la forza tensile (indice di robustezza del filo), la forza del nodo, l’effetto memoria (ovvero la tendenza naturale del filo a tornare alla
posizione di partenza), l’elasticità, la plasticità e la capillarità. I fili da sutura possono essere classificati a seconda del materiale utilizzato, della struttura e del riassorbimento. Per quanto riguarda la prima categoria, il filo da sutura può essere naturale (di origine vegetale o animale) o sintetico. Se consideriamo,
invece, la struttura, un filo può essere intrecciato, ritorto o non intrecciato né ritorto (un unico monofilamento che ne compone la struttura). In terzo luogo, abbiamo fili riassorbibili (come il poliestere) o non riassorbibili (come nylon o seta).
Passando poi agli aghi da sutura, questi sono gli strumenti da utilizzare per penetrare nei tessuti biologici.
Ad ogni ago da sutura si abbina un filo da sutura. L’ago deve essere sterilizzabile, sottile, resistente, tagliente, inerte (ovvero non deve causare reazione tessutale), sufficientemente flessibile, direzionabile e fissabile sul porta aghi. Deve inoltre essere affilato, atraumatico, resistente, duttile, inerte e sterile. Tutti gli
aghi da sutura sono rivestiti in silicone per diminuire il coefficiente di frizione, migliorare il passaggio attraverso i tessuti e migliorare le caratteristiche di affilatura dell’ago.
La pratica da casa
Usare ago e filo da sutura non è semplice e per padroneggiare la materia è necessario fare molta pratica.
«Quella relativa al posizionamento dei punti di sutura è una materia già presente nel percorso formativo di base di un medico o di un professionista sanitario – spiega ancora Giacomazzi –. Data la sua delicatezza, però, necessita di una pratica costante». Pratica che è possibile fare anche da casa attraverso dei Pad
(facilmente acquistabili online) progettati per replicare la struttura anatomica del tessuto umano (comprensiva di pelle, grasso e muscolo) per simulare l’intervento su ferite sia superficiali che profonde.
Il dottor Giacomazzi è responsabile scientifico del corso di formazione “Suture chirurgiche: dallo strumentario alla scelta della tecnica adeguata” (3 crediti ECM), disponibile sulla piattaforma Consulcesi Club. Una serie di video lezioni che spiegano «in maniera facile e comprensibile», i vari punti di sutura. «La
formazione dal vivo è molto importante – spiega ancora –. Essere in aula con un formatore, all’interno di un contesto operativo, e posizionare direttamente i punti di sutura è una pratica che insegna molto ma la Formazione a distanza ha un punto di forza assolutamente non secondario: seguendo i video tutorial è
infatti possibile esercitarsi, per tutto il tempo che si vuole, senza correre il rischio di causare danni ad un paziente. Come in qualsiasi tipo di disciplina è dunque possibile allenarsi e prendere familiarità e dimestichezza con tecniche complesse che possono poi essere applicate con maggior sicurezza in un contesto operativo, ovviamente affiancati da un collega con più esperienza».
Consulcesi – Massimo Tortorella
We care different, nasce la Fondazione Consulcesi: la mission è il sostegno alle fasce più vulnerabili
Nei primi mesi di attività progetti in Eritrea, Italia e Ucraina per favorire l’accesso alle cure sanitarie nel mondo
Roma, 13 dic. 2022 – Ridurre il divario nell’accesso alle cure in Italia e nel mondo per le fasce più vulnerabili, specialmente nei Paesi con i sistemi sanitari più fragili. È questo l’ambizioso obiettivo della Fondazione Consulcesi, già attiva con importanti progetti grazie all’eredità del Gruppo Consulcesi, impegnato da anni nel settore charity. Come il progetto in Eritrea, al fianco dell’Associazione Medici Volontari, che ha contribuito alla realizzazione di tre centri dialisi, con trenta posti letto e cinque macchinari ad Alta Efficienza in un Paese nel quale, fino a non molto tempo fa, non ne esistevano e i pazienti nefropatici morivano o erano costretti ad emigrare. In Ucraina, in cui sono stati portati beni e generi di prima necessità e poi accolte in Italia le famiglie di rifugiati. E in Albania, con la donazione di computer alle scuole, nell’ambito del progetto “Azioni di Contrasto alla povertà materiale ed educativa nelle scuole e nei centri territoriali albanesi”, per facilitare l’istruzione e ridurre il gap di conoscenza dovuto alla mancanza di accesso alla tecnologia. La donazione di personal computer è avvenuta anche in Italia, in collaborazione con l’associazione Informatici senza Frontiere che ha potuto supportare famiglie fragili e Enti del Terzo Settore impegnati nel sociale, e in Svizzera in collaborazione con la Caritas Ticino. L’impegno della Fondazione è intenso anche in Italia. In occasione delle festività natalizie, la Fondazione Consulcesi lancia una collaborazione con l’associazione Divertitempo, impegnata nell’integrazione sociale di bambini con disabilità e bisogni speciali in cui finanzia 9 progetti ricreativi e per il tempo libero dedicati ai ragazzi.
In corso di organizzazione per il 2023 nuovi progetti Unità mobile, recruitment e formazione che vedono protagonisti medici e personale sanitario, con l’obiettivo di contribuire al miglioramento del livello di salute e benessere psico-fisico di persone svantaggiate e fragili della popolazione.
“La Fondazione rappresenta un ulteriore tassello del nostro impegno nel migliorare il sistema salute, soprattutto per gli individui più fragili e svantaggiati.”, commenta Simone Colombati, Presidente della Fondazione Consulcesi. “Siamo convinti che solo attraverso la collaborazione tra medici, operatori sanitari ed enti, e attivando energie e idee innovative, sia possibile dare risposte più efficaci alle complesse problematiche che investono la società civile” aggiunge
Francoise Jourdan, Vicepresidente Fondazione Consulcesi.
We care different è il claim della Fondazione Consulcesi, naturale estensione del We are different che ispira l’attività corporate dell’azienda e il Manifesto della no profit, disponibile sul nuovo sito https://www.fondazioneconsulcesi.org/ e sui canali social: